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GenovaHockey1980

Le interviste della settimana

Checco, Franz, Fred... ma il vero nome è Francisco

Condividi questo articolo su Facebook Scritto da ragioniere il 02/10/2009

Francesco (anzi: Francisco) Ardini, classe 1983, interrompe quasi subito la regola non scritta che ci eravamo prefissati: quella di alternare un intervistato Genova '80 a un intervistato Cus Genova. Aveva iniziato Bertone (Genova '80), il secondo era stato Barrera (Cus): sarebbe toccato a un Genova '80. Avevamo anche deciso chi: avremmo intervistato colui che avrebbe fatto il primo gol ufficiale nella storia del Genova Hockey 1980 maschile. Ma abbiamo peccato in ottimismo: il primo gol non è ancora arrivato. Ci teniamo buona questa eventualità per la settimana prossima e - approfittando anche del fatto che a fare gol, con la maglia del Cus, è invece stato Ardini, diamo molto volentieri la parola a lui.

- "In realtà hanno segnato anche Gavazzo, Durante e Tonnicchi!", si schernisce Ardini.

Beh, ma un tuo gol è sempre una notizia. E poi, lo confesso, c'è un altro motivo. Quando abbiamo aperto il sondaggio sul sito per sottoporre l'idea delle interviste, le risposte sono state tutte positive. Tutte, tranne una. Ardini è stato l'unico ad aver votato "No, mi sembra una stupidaggine. Lasciate perdere!". Da quel momento, morivo dalla curiosità di intervistarti per chiederti conto di quel voto!

- "Beh, veramente te l'ho confessato io di aver votato in quel modo. Ma c'è una ragione: a me piace più il lato del sito che non va a influire sulle dinamiche della squadra. Ad esempio, il forum è molto bello, i sondaggi sono spiritosi; invece, altre cose come le pagelle, forse, non erano gestite altrettanto bene. Soprattutto in situazioni come la nostra, dove la cosa più importante è il confronto faccia a faccia tra di noi, possiamo parlarci tranquillamente senza bisogno di scrivere."

Dopo aver letto le prime due interviste, ti sei ricreduto?

- "Sì, io chiaramente al sondaggio avevo votato prima: col senno del poi riconosco, per ora, di essermi sbagliato. Come molti strumenti, anche questo non è malvagio in sé, dipende da come viene utilizzato. Finora sta andando bene. Bisognerebbe avere qualche feedback anche da parte dei lettori del sito. Però, tu prima di pubblicarla l'intervista me la fai leggere!"

Va bene, allora partiamo dall'inizio, e cioè dal tuo nome. Checco, Francesco, o Francisco?

- "Il mio vero nome è Francisco", spiega Ardini. "Sono nato in Argentina, ma sono italiano e ho la cittadinanza italiana. I miei genitori si trovavano lì per lavoro, e io sono nato lì. Erano gli anni della dittatura dei generali, e non si potevano dare nomi che non fossero spagnoli. Quindi mi è stato dato il nome di Francisco, e poi in Italia sono rimasto con questo nome, che mi piace e che non mi crea nessun problema."

Quando i professori leggono il nome nel tuo documento, ti chiedono se sei straniero?

- "Sì, è successo tante volte! Io ogni volta racconto tutta la storia."

A hockey, però, tutti ti chiamano semplicemente Checco.

- "In realtà, ho tanti soprannomi. A hockey e con gli scout sono "Checco"; ma all'università sono "Franz", e al liceo ero "Fred".

Quando e perché hai cominciato a fare hockey?

- "Nel modo classico: in seconda media, venne la Patrizia (Pisani, ndr) a scuola. Ho cominciato questo strano sport, mi è piaciuto, e ho continuato."

La categoria allievi l'hai giocata nel Lagaccio... anzi, nel Bad Lake.

- "Il primo anno l'ho giocato nel Cus Genova, ma giocavo pochissimo. Il secondo anno sono passato al Bad Lake, un nome che mi faceva ridere. Mi allenavano la Titti e Ghedda (Tiziana Svaldo Lanero e Gianfranco Miceli, ndr) . Ho saltato la categoria ragazzi: eravamo troppo pochi. Ero l'unico '83, non c'erano né '82 né '84. Così, sono passato subito alla juniores di Barrera e Bertone. Anche lì eravamo pochini, facevamo le partite in 8/9."

Altri tempi: noi quest'anno con quindici under 18 in rosa abbiamo rinunciato a iscrivere la squadra: ci sembravano troppo pochi. Chiediamo ad Ardini quando si è affacciato in prima squadra.

- "Le prime apparizioni, in panchina, nel 1997/98. Ho iniziato davvero a giocare dal 1998/99, quando dopo l'espulsione di Igor Sol feci anche il titolare per alcune partite."

Che precisione: ho pane per i miei denti.

- "Eh sì caro ragioniere, io con le statistiche e i numeri non mi sbaglio!"

Ok, allora ti metto subito alla prova. Tu hai sempre giocato in tanti ruoli diversi: li ricordi tutti?

- "Certamente: nella allievi all'inizio ero terzino, poi sono passato ala sinistra. Nella juniores giocavo ala, sinistra ma a volte anche destra. A volte, essendo in sottonumero, giocavamo a una sola punta, e io ero l'unico attaccante che si muoveva da una parte all'altra."

E quando sei passato a fare il centrocampista?

- "Non ricordo esattamente; una delle prime volte fu in una partita contro l'Hc Genova. Franco mi mise in marcatura a uomo su Torapau. Vedendo che riuscivo ad anticiparlo spesso e volentieri, non mi tolse più da quel ruolo. Quelli erano anni in cui oltre che correre avevo anche la lucidità."

Anche ora! - ribatto.

- "Beh sì, ma ora non ho più la freschezza di un tempo."

Forse perché sei stato fermo qualche anno? - gli chiedo.

- "Sì, due o tre anni, ora non ricordo con esattezza." (Ah! Beccato! ndr) "Fu una scelta difficile quella di smettere, lasciare la squadra dopo un bellissimo periodo. Mi pare fu l'anno dopo Trieste. La squadra, allora, era davvero forte. Io avevo la fortuna di avere in squadra giocatori di esperienza come Ascione. Diego mi ha dato tanto: per anni ho giocato nella sua fascia. Gli devo molto."

Ma allora perché smettere di giocare, all'improvviso?

- "Per la mia vita serviva quello: mi volevo laureare nel più breve tempo possibile, e non volevo distrazioni."

Però, poi, ha ripreso a giocare prima della laurea.

- "Sì, dopo un po' mi sono accorto che, in realtà, era meglio per me rientrare a fare agonismo. Ne sentivo l'esigenza non solo fisica. Mi mancava soprattutto la parte sociale della squadra. Siamo sempre stati un gruppo molto unito. Mi mancava. Per questo sono rientrato in anticipo rispetto a quello che avevo preventivato."

Mentre parliamo passa Ferrero, che ci sente parlare, ma non rinuncia a una battuta delle sue: "Attento Checco, tu parli, ma tanto poi lui cambia le cose!!". Checco risponde con un sorriso, rispettoso e severo al tempo stesso. Parliamo di Franco, allora.

- "Del mio rientro anticipato ne parlai con lui", svela Ardini. "Fu proprio lui ad aiutarmi a fare una scelta che prima non mi sentivo di fare. Io mettevo al primo posto lo studio, al secondo gli scout e solo al terzo l'hockey. Non mi sembrava corretto esserci part-time, e così smisi. Quando pensai di rientrare, la situazione non era cambiata. Sottoposi il problema a Ferrero, che accettò di avermi a tempo parziale."

Questo dimostra quanto, al di là di tutto, Franco sia sempre ricettivo alle problematiche dei singoli.

- "Fu molto, molto comprensivo", conferma Ardini.

Adesso, però, hai diradato i tuoi impegni con gli scout.

- "Sì, quest'anno non so ancora al 100% come saranno i miei impegni con gli scout, ma è quasi sicuro che saranno più giostrabili, e quindi mi permetteranno di partecipare ad allenamenti e partite senza problemi."

E, nel frattempo, ti sei anche laureato.

- "Sì. Quest'anno ho iniziato il dottorato. Sto cercando casa, voglio andare a vivere da solo. Insomma, la vita va avanti."

E, insieme, anche l'hockey. Tornato ad essere una pedina importante della prima squadra, l'anno scorso hai anche avuto la responsabilità di portare la fascia di capitano in alcune partite.

- "In realtà erano soltanto "supplenze", ma ne fui molto contento. Ho letto da qualche parte che il capitano rappresenta quella persona che quando lo guardi e gli dici "mi arrendo", poi ti senti malissimo. Secondo me, il capitano è il punto di riferimento per la squadra, è colui che incita, spinge e trascina gli altri. Caratteristiche un po' lontane dal mio carattere, chiuso e timido. Ma adesso mi rendo conto di essere, a 26 anni, il terzo più anziano della squadra. Ti ritrovi in situazioni simili senza volerlo, e ti senti di dover essere un riferimento. Però non dimentichiamo che, anche se siamo una squadra molto giovane, la maggior parte dei titolari giocano da anni in serie B, e quindi hanno già tutti un bel po' di esperienza."

Hai parlato di gruppo, e del fatto che sei ormai tra i più anziani. Come vedi il fatto che il gruppo, quest'anno, gioca in due squadre?

- "Ne do un giudizio molto positivo. Non potendo fare il campionato under 18, è un modo per far maturare i ragazzi più piccoli. Sono fiero dei più “anziani” che sono stati chiamati a dare una mano: hanno dato una disponibilità molto onorevole. Spero che i più giovani si rendano conto della fortuna che hanno a giocare un anno al loro fianco."

Ripassa Franco, che punzecchia ancora: "Tu parla parla, ma lui scrive scrive!" Ardini sorride di nuovo. Gli chiediamo qualcosa del suo futuro, se ha sogni nel cassetto.

- "Per giocatori come noi, la serie A/2 sarebbe il massimo. Io non ci ho mai giocato, avendo esordito in prima squadra l'anno dopo l'ultima retrocessione."

Te la meriteresti. Secondo te ce la possiamo fare quest'anno?

- "Non lo so, io sono sempre molto ignorante sulle altre squadre e sui regolamenti. Anche perché ogni anno cambia tutto! Quindi davvero non so quali possibilità abbiamo."

E guardando soltanto il nostro orticello ligure, come vedi la tua squadra?

- "L'inizio di stagione è stato molto positivo. Il nostro limite più grande siamo proprio noi stessi, la nostra testa. Possiamo vincere a Moncalvo e poi magari perdere contro una squadra riserve. Gli alti e bassi sono problemi tipici delle squadre molto giovani, come la nostra."

Siamo quasi alla fine. Ci sono domande che non ti ho fatto e a cui avresti voluto rispondere?

- "Mi sarebbe piaciuto parlare dei CNU!"

Ne hai facoltà! (...è il caso di dirlo)

- "Ho partecipato a due CNU (Campionati Nazionali Universitari, ndr) , e sono stati davvero bellissime esperienze. Peccato si facciano così raramente."

Due negli ultimi dieci anni: Torino 2000 e Pisa 2008. Tu sei l'unico, insieme a me e Franco, ad aver partecipato ad entrambi, ma sei l'unico ad aver fatto il giocatore in entrambi (Ferrero dirigente a Torino e allenatore a Pisa; Franza giocatore a Torino e dirigente a Pisa, ndr).

- "A Torino ero ancora in terza liceo: erano i primi CNU e le regole erano più "lasche". A Pisa ero ormai un veterano dell'università, al sesto anno. Ero il capitano e feci anche un gol."

Bella esperienza?

- "Indimenticabile. Anche se era il periodo in cui non mi allenavo, quando mi hanno chiamato non ci ho pensato due volte. Questi sono eventi da cogliere al volo, per tutto quello che ci sta intorno. Non solo per la possibilità di stare fuori per dei giorni, con tutto pagato dall'università, ma anche e soprattutto per la possibilità di conoscere giocatori di altre squadre, gente magari nel giro della nazionale, e confrontarsi con loro. Sono esperienze che ti arricchiscono."

Un'ultima cosa. Ora che hai riletto questa chiacchierata, ti sembra fedele?

- "Sì, va benissimo. Forse sono stato un po' puntiglioso, ma grazie per avermi dato la possibilità di specificare."

Prego. E grazie a te, Francisco Ardini. Per noi, semplicemente, "Checco".




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Commenti a questo articolo:
Da noi Il diminutivo di Francisco é Paco...

Scritto da libero il 03/10/2009 08:53


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