IL SOLO CLUB LIGURE IN SERIE A PRATO INDOOR    43 FINALI NAZIONALI    22 PODI    5 TITOLI ASSOLUTI
GenovaHockey1980

Le interviste della settimana

Tutto hockey e famiglia, ma sogna la montagna

Condividi questo articolo su Facebook Scritto da ragioniere il 17/02/2010

Filippo Durante è il settimo "intervistato della settimana". 19 anni appena compiuti, il più piccolo dei figli di mamma Olimpia ha tanto da raccontarci: nonostante la sua giovane età la sua carriera, infatti, è già molto lunga.

Hai iniziato a giocare a hockey molto presto. Di solito in Italia si inizia a giocare in prima media, e questo ritardo rispetto a Paesi come Olanda e Germania spiega in parte la differenza di valori. Tu hai almeno 3/4 anni in più di apprendistato dei tuoi coetanei.

- "Ho iniziato in seconda elementare: questo è l'undicesimo anno che gioco", inizia Filippo.

Come hai iniziato?

- "Ho iniziato grazie a mio fratello Matteo: ci portava a giocare sul terrazzo, a me e a Tommaso. Anche mia sorella Marta giocava a hockey. Io veramente in prima elementare facevo pattinaggio artistico. Poi ho smesso, e dalla seconda elementare ho iniziato subito a fare hockey."

Pattinaggio artistico?

- "Sì. Era vicino a casa. Ma ho fatto solo un anno. Poi sono passato all'hockey."

E così, a sette/otto anni, sei diventato un hockeista in erba. I tuoi compagni erano molto più grandi di te, e tu non potevi giocare.

- "Eh sì, erano Pastorino, Gavazzo, mio fratello Tommaso... Ricordo che al primo allenamento ho quasi rischiato la vita: Tommaso mi ha tirato un taglione a pochi centimetri dalla faccia, e se non bastasse dopo il tiro gli è partito il bastone, che mi ha sfiorato i capelli! In quel momento ho capito che si trattava di uno sport duro. Ma questo episodio, per fortuna, non mi ha fatto perdere la voglia!"

La voglia ti è rimasta e, dagli undici anni, hai iniziato con gli allievi.

- "Sì, subito giocavo in attacco. Poi sono passato centrocampista. In pochi sanno che io ho fatto anche un anno da portiere, nell'under 16! E sono stato anche difensore... Insomma, ho girato un po' tutti i ruoli."

Il vantaggio per te è che quando hai iniziato a giocare, eri nettamente più esperto dei tuoi compagni, perché giocavi da quattro anni prima di loro.

- "Sì, è vero. Ricordo che la Patrizia mi sgridava sempre tantissimo, perché facevo un po' il bulletto, ma alla fine ho capito che aveva ragione a riprendermi. Con Franco è successa più o meno la stessa cosa: adesso me ne rendo conto, all'epoca meno."

Raccontami la tua esperienza da portiere.

- "Non la ricordo volentieri: fu un anno bruttissimo. Nessuno voleva fare il portiere e io, che ero uno dei più piccoli, pensai che in porta, almeno, avrei potuto giocare! Per fortuna fu solo a indoor: quell'anno non facemmo l'under 16 prato."

Quella era la stagione 2003/2004, e tu avevi 13 anni. La tua carriera giovanile ha conosciuto tre episodi sfortunati. Il primo, se non mi sbaglio, fu l'anno dopo, nel 2005.

- "Sì, avevo 14 anni, per me e Bianchetto era l'ultimo anno nella categoria allievi, ed eravamo in corsa per la qualificazione alle finali. Io durante un allenamento misi male il piede sulla pallina, e mi ruppi la cartilagine della caviglia. Dovetti portare il gesso e le stampelle per un mese. Saltai tutta la seconda parte del campionato: finimmo terzi e non ci qualificammo."

L'anno dopo, nel tuo primo anno con l'under 18, il secondo episodio sfortunato.

- "Era il 2006, con l'under 18 avevamo fatto un bellissimo campionato, e ci eravamo qualificati per le finali. Una settimana prima di partire, faccio allenamento normalmente. Il giorno dopo mi viene la febbre. Sembrava un colpo di sole, niente di preoccupante. Ma la febbre non scendeva. Andai all'ospedale, mi feci visitare: mi trovarono la broncopolmonite! E così, niente finali."

Una vera disdetta, anche perché furono delle bellissime finali. Ricordo che tu dopo ogni partita mi telefonavi per chiedermi notizie. Pochi mesi dopo, finalmente, le tue prime finali, sempre con l'under 18, questa volta a indoor.

- "Sì, a Pisa. Purtroppo non andammo bene: perdemmo tutte le partite, tranne l'ultima contro il Messina. Peccato, perché eravamo stati bravissimi nel girone di qualificazione, dove riuscimmo a battere due volte la Superba, cosa che non era facile. Però poi alle finali ci siamo completamente spenti. Quell'anno ci allenava Gianluca Medone."

L'anno dopo, il 2007/2008, fu un anno senza finali, l'unico anno senza finali dal 2005/2006 ad oggi. E fu paradossale, perché puntavamo moltissimo all'under 18 che aveva come fascia di età quella dal 1990 al 1993, in cui eravamo forti.

- "A prato arrivammo secondi dietro la Superba, mentre a indoor ci qualificammo per gli spareggi, ma anche lì finimmo secondi, davanti alla Superba che battemmo, ma dietro la Moncalvese."

E siamo arrivati al 2008/2009, cioè la stagione scorsa. Quella della sesta finale giovanile in sei anni, ancora con l'under 18, a Roma e Cernusco. A indoor, però, il campionato fu sfortunato perché ci fu il tuo terzo infortunio, questa volta alla spalla.

- "Me lo ricordo come se fosse ieri. Eravamo a Zinola per il trofeo Colla. Una settimana prima mi avevano convocato per un raduno con la nazionale: un mio sogno si concretizzava. Ero appena rientrato da una sostituzione: alla prima azione tocco palla, cerco di coprirla con il corpo per poi darla sulla sponda, un mio avversario arriva da dietro, non si ferma, mi viene addosso e mi travolge, colpendomi una spalla. Con l'altra spalla mi accascio sulla balaustra e sento un dolore lancinante. Subito pensavo mi fosse uscita: a mio fratello Matteo era successo in passato. Invece era rotta."

Cosa hai pensato in quel momento?

- "Appena ho sentito il dolore avevo già capito che avrei dovuto rinunciare alla nazionale. Ero nervosissimo. Ho litigato con l'autista dell'ambulanza, perché andava troppo veloce e mi provocava dolori tremendi alla spalla. A ogni curva vedevo le stelle! Poi in ospedale ho mezzo litigato anche con una vecchietta perché si lamentava troppo. Sono quasi svenuto per il dolore e la tensione. Mi hanno bendato, siamo tornati al palazzetto, e poi sono andato a Genova, dove al San Martino mi hanno fatto un altro bendaggio."

Nel frattempo, i tuoi compagni riuscivano, per la prima volta nella lunga storia del trofeo Colla, a vincere il torneo, e ti dedicarono vittoria e coppa. Nei mesi successivi come andò?

- "Feci due settimane a casa: non mi potevo muovere. Poi pian piano ripresi ad andare a scuola, e un mese dopo ripresi a correre. Volevo assolutamente fare l'ultimo concentramento under 18, l'11 gennaio. Per dimostrare che ero pronto andai a correre il 2 gennaio al Lagaccio: faceva un freddo tremendo. Franco mi fece un bel regalo e mi convocò."

Questo sfortunato episodio arrivò in un momento, per te, molto positivo. Dall'inizio della stagione avevi fatto un bel salto di qualità, tanto che ti eri finalmente conquistato anche il posto in prima squadra, nella quale ti eri affacciato quasi per caso alcuni anni prima, il 23 ottobre 2005, e che non avevi più rivisto per tre anni.

- "Quella del mio debutto fu una pesante sconfitta: 8-1 contro il Pistoia! Io ero molto piccolo (nemmeno 15 anni, ndr), ma me la ricordo bene perché giocai benissimo e feci il gol della bandiera, su passaggio di mio fratello Matteo! Debutto con gol, quasi un sogno. Poi però, a parte qualche convocazione sporadica, non fui più chiamato in prima squadra fino all'autunno 2008."

Autunno 2008 in cui, come dicevo prima, stavi mostrando importanti progressi e facendo vedere che potevi giocare anche in prima squadra. Franco ovviamente se ne accorse, e da quel momento ti chiamò sempre almeno nei sedici. E, a novembre, arrivò anche la convocazione per il raduno under 18. Ti aspettavi la chiamata in azzurro, o fu una sorpresa?

- "No, una sorpresa no, perché era il mio obiettivo. Ma non ci speravo tanto, perché Biasetton non mi aveva mai visto. Purtroppo, dovetti saltarla a causa dell'infortunio alla spalla. Ma per fortuna si ricordarono di me dopo la ripresa dall'indoor."

E poi arrivarono le convocazioni per l'Olanda, e per Vienna. Te le aspettavi?

- "No. Soprattutto non mi aspettavo di fare così bene in Olanda. Sono riuscito ad azzeccare due gol, e a livello di fiato ero uno dei migliori, grazie al GPM, che rompe le scatole ma alla fine serve, eccome! Poi arrivò anche la convocazione per Vienna, che è quella che mi aspettavo un po' meno, anche perché rientravano in lizza giocatori come Bivona."

La tua prima esperienza in maglia azzurra è stata in Olanda, dove si svolse un torneo di preparazione all'europeo under 18. Emozioni?

- "Ricordo con grande emozione, in particolare, il primo gol. Un'azione strana: una palla sbagliata da noi, con un tiro ceffato a centrocampo. Uno dell'Olanda la tocca col tacco, l'arbitro lascia proseguire l'azione; la palla va a finire quasi al limite dell'area, io dalla mia fascia mi accentro, la prendo e riesco a infilarla nell'angolo basso, eludendo l'uscita del portiere. Fu una sensazione strana! Subito ti tremano le gambe, perché non te lo aspetti. Fare gol all'Olanda! Uno squadrone. Pensa che quelli che non giocavano stavano fuori a fare esercizi atletici durissimi come lo shuttle, e poi entravano in campo. Ciononostante, ci batterono. Un altro pianeta. Perdemmo 3-2. Un risultato per noi ottimo, ma per loro striminzito. La partita dopo, loro badarono soltanto a giocare la partita e ci batterono 5-0."

In che ruolo sei stato impiegato?

- "Attaccante di destra. Ottenni il numero 18, come volevo. In Olanda non ero titolare. A Vienna sì, giocai sempre negli undici di partenza. Forse mi ero conquistato il posto facendo bene in Olanda. Oppure, come spesso succede, l'allenatore non inseriva da subito gli undici migliori. Non so. Però, giocai moltissimo."

Dell'Europeo di Vienna, cosa vuoi ricordare?

- "L'inno nazionale prima di tutto: fu una sensazione stranissima. Ti tremano le gambe, ma ti carica tantissimo. Anche gli allenatori, sono sempre a incitarti: Biasetton in panchina e Latcherre, il secondo, che stava dall'altra parte del campo. E poi i compagni: un bel gruppo. Io ero l'ultimo arrivato, e mi aspettavo episodi di bullismo dai più epserti, invece niente di tutto questo. Forse anche perché il team manager era Franco! Purtroppo, all'europeo non ho fatto gol. Me ne sono mangiato uno facile."

Raccontaci l'episodio.

- "Una palla vagante, simile a quella del gol contro l'Olanda. Questa volta, però, me la sono allungata troppo, e al momento del tiro ci sono arrivato quasi sdraiato. Ho preso la palla da sotto e l'ho alzata troppo. E' andata sopra la traversa."

Speriamo che ci siano altre occasioni...

- "Speriamo! Il mio desiderio è quello di entrare nel gruppo dell'under 21. Vorrei farcela da subito, per non uscire dal giro: poi rientrarci sarebbe più difficile."

A livello di club, un episodio bello che ricordi, e uno meno bello?

- "In entrambi i sensi, gli ultimi spareggi indoor a Castello d'Agogna. Non sono andati come volevamo. Mi sono molto emozionato nella prima partita contro la Superba: perdevamo il primo tempo 4-1, poi nel secondo l'abbiamo recuperata benissimo. L'errore nelle partite dopo è che entravamo in campo convinti di vincere, e per questo ci siamo tagliati le gambe da soli. Mentre nella prima partita eravamo tranquilli perché non eravamo favoriti, e abbiamo giocato con la testa. Dopo la prima vittoria, entravamo in campo per fare gol. E abbiamo perso."

E di episodi meno recenti?

- "L'anno delle finali di Suelli fu speciale. Anche se non potei partecipare alle finali, il cammino nel girone di qualificazione fu splendido."

Per il futuro, hai sogni nel cassetto?

- "Ne ho tanti, sia nell'hockey che nella vita privata. Nell'hockey vorrei riuscire ad andare avanti con la nazionale. E poi mi piacerebbe intraprendere la carriera di allenatore. Quest'anno farò il corso."

E fuori dall'hockey?

- "Mi piacerebbe trasferirmi da Genova e andare a vivere in montagna."

In montagna?

- Sì. Mi piace lo stile di vita, la tranquillità delle persone e la bellezza dei luoghi. Sarebbe bello se riuscissi a combinare quello che sto imparando a scuola con un'attività lavorativa in Trentino, dove vado tutte le estati e dove ho tanti amici."

Cosa stai studiando?

- "Faccio la quarta superiore, al Galilei: tecnico industriale specializzazione meccanica. Purtroppo ho perso un anno, ed essendo di gennaio è come se fossi indietro di due!"

Non ti piace studiare?

- "Decisamente no. Ricordo che il primo giorno della prima elementare a un certo punto presi la cartella, andai giù fino all'atrio e dissi: "ora me ne vado a casa!". Il terzo giorno di scuola, raccontai alla maestra che mia madre era all'ospedale, incinta. La maestra fece fare a tutti i miei compagni i disegni di benvenuto per la sorellina di Filippo che era arrivata. Pochi giorni dopo, al ricevimento dei genitori, la verità venne subito a galla. Un'altra volta mi sdraiai fuori dalla classe mentre usciva la maestra, questa inciampò su di me e cadde per terra. La mia "carriera" scolastica iniziò così."

Una peste!

- "Ho fatto dannare i miei. E il problema è che continuo..."

Dai, ormai sei quasi alla fine. E dopo la maturità?

- Vedremo quali sbocchi ci saranno. Mi piace il disegno industriale."

Ovviamente, non pensi al'Università.

- "Invece ti confesso di averci pensato: lì alla fine studi le materie che ti interessano. Non farei mai Ingegneria, ma ad esempio mi piacerebbe Architettura."

Hockey, montagna e meccanica: tre passioni molto diverse. Chissà se riuscirai a conciliarle: purtroppo, il nostro è uno sport tanto bello quanto povero, e se lo si vuol fare bisogna per forza conciliarlo con qualcos'altro.

- "Sarà difficile. Comunque, sono interessi che metto nell'ordine in cui li hai detti tu. L'hockey è al primo posto, lo è sempre stato. Un anno sono stato bocciato per una frase detta a scuola. Mi dovevano interrogare il giorno dopo di un CTH. La professoressa mi disse: metti davanti lo sport o la scuola? Io non risposi, andai al CTH, il giorno dopo la prof mi chiese se avessi studiato, e io risposi di no, che avevo fatto le mie scelte. Lei si arrabbiò moltissimo, ovviamente. E a fine anno, puntualmente, arrivò la bocciatura. Meritata."

Sei un vero innamorato dell'hockey, un po' come tutti noi che lo pratichiamo. Perché ti piace così tanto?

- "Per prima cosa per l'ambiente, molto diverso da quello del calcio. Non c'è gente esaltata. E poi il nostro è un bel gruppo. Io, poi, ho avuto un forte incentivo da parte dei miei fratelli. Anche se a volte facevamo gli scemi tutti e tre, e questo per un po' mi ha tagliato le gambe in prima squadra. Ma noi siamo fatti così: quando fanno male a uno non ce la facciamo a resistere e dobbiamo per forza intervenire in sua difesa. Penso che molte volte Franco non ci abbia fatto giocare insieme anche per questo motivo."

Questa tua passione, però, non ti ha impedito di commettere qualche ragazzata anche nell'hockey.

- "Sì, è vero: ma le faccio senza pensare. Mi ricordo, una volta, ci fischiarono un corto contro perché l'arbitro mi diceva di dare la distanza. C'era: gli mostrai il segno dei cinque metri, che provava il fatto che ero a distanza. Avrei fatto meglio ad arretrare di un passo, senza mettermi a discutere anche se avevo ragione. Un'altra volta, durante il riscaldamento prima di una partita importante, Tommaso mi colpì volontariamente con la pallina. I compagni più grandi lo sgridarono, e avevano ragione. Ma io volevo difenderlo, piuttosto che metterlo in difficoltà davanti agli altri."

Mi ha sempre molto colpito la tua famiglia: siete molto uniti.

- "E' vero, siamo molto uniti e ci parliamo tanto. Magari litighiamo, ma ci diciamo tutto. I nostri genitori ci hanno insegnato a stare uniti tra noi. Questo mi ha aiutato molto, a scuola e anche nell'hockey. Anche i miei genitori non hanno mai usato l'hockey come castigo, perché sapevano che ci tenevo troppo e avrebbero ottenuto l'effetto contrario. Non li potrò ringraziare mai abbastanza per questo."

I suoi genitori saranno contenti di leggerlo. Non si può dire che non abbia le idee chiare, Filippo Durante. Gli piace il disegno, sogna la montagna, ama l'hockey. E se son rose... fioriranno.




Questo articolo è stato votato da 6 lettori e ha una media voto di 9,66.

Commenti a questo articolo:
complimenti pippo

Scritto da pelato il 19/02/2010 22:38


© 1996 - 2024 Daniele Franza con la collaborazione di Luca Pastorino. Riproduzione vietata.